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PLEASANTVILLE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 maggio 1999
 
di Gary Ross, con Tobey Maguire, Kevin Connors, William Macy, Joan Allen (Stati Uniti, 1998)
 
LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO insegna (e l'industria degli effetti digitalizzati ci mette del suo), i personaggi del mondo della fantasia e quelli della realtà sono ormai perfettamente intercambiabili. Cosi, quando David e Jennifer "entrano all'interno" di Pleasantville, una serie televisiva degli anni cinquanta della quale conoscono vita e miracoli, non ci meravigliamo più di tanto. Non solo perché conosciamo alla perfezione i meccanismi di RITORNO AL FUTURO, e sappiamo di conseguenza che se la caveranno perfettamente: in quel mondo di passato prossimo nel quale l'uomo rincorre una vecchia illusione, quella di intervenire sul proprio futuro modificando il passato... Ma, più semplicemente perché abbiamo compreso che ai due adolescenti non dispiacerà cambiare aria. Se Jennifer sembra innanzitutto occupata a portarsi a letto il fusto della classe, il simpatico David non é proprio che se la goda in una scuola dove gli adolescenti (in una prima sequenza esilarante) sono subito messi in guardia sul fatto che in pochi anni la recessione avrà impietosamente ridimensionato le loro speranze di trovare un'occupazione, l'AIDS mietuto un numero crescente di vittime, il buco nell'ozono sistemato del tutto un pianeta dalla temperatura accresciuta di alcuni gradi.

Come non trovare allora, trascorso il primo istante di sorpresa, assolutamente deliziosa quella cittadina cosi simile a quelle squisitamente "americane" dei film di Frank Capra? Magari in bianco e nero. Ma con i suoi abitanti educati e gioiosi, proprio perché irreprensibilmente ligi alle regole di un telefilm del quale sono gli inconsapevoli protagonisti; e che si è preoccupato di organizzare la loro esistenza. Priva degli inconvenienti della realtà, la pioggia o gli sbalzi di temperatura, le toelette ed i letti a due piazze; poiché ovviamente i bisogni corporali, per non parlare di quelli sessuali non hanno ragione di esistere... E come non apprezzare due nuovi "genitori", come quelli conformisti e deliziosamente buonisti, proposti dalla coppia irresistibile William Macy e Joan Allen; e tutti quei bravi padri di famiglia al lavoro, le mogli ai debiti fornelli, i figli a tenersi scrupolosamente per mano allo stagno dell'amore? Siamo dalle parti, l'avrete compreso, di quell'America che ritorna con sguardo critico ai modelli proposti dal proprio spettacolo, di TRUMAN SHOW. Ma con una differenza fondamentale. Che i personaggi del film di Peter Weir sapevano di far parte di una finzione; mentre quelli di PLEASANTVILLE subiscono ignari le conseguenze dell'irruzione nel loro mondo (da una parte della società contemporanea ancora considerato ideale) di due più o meno spensierate creature, portatrici di tutta la destabilizzazione di questa fine - secolo.

Le metafore, i riferimenti addirittura biblici abbondano in questo primo film di Gary Ross: tanto da costituirne, nella loro evidenza, nella loro volontà di strumentalizzarne ad ogni costo i significati, un certo limite. Ma prima di ciò, PLEASANTVILLE si è tolto qualche soddisfazione: di proporre, grazie a dei dialoghi intelligenti, una scelta acuta di personaggi e di attori, una sceneggiatura priva di tentazioni banalmente ambientalistiche, una riflessione determinata, precisa, che da morale si fa pure politica su delle nozioni più che attuali. Come quelle di ordine, di libertà, di trasgressione...

Questo ex-collaboratore di Clinton e Dukakis (dei quali redigeva i discorsi durante le loro campagne elettorali) conosce evidentemente il fascino, ed i rischi della dialettica politica; ma non disdegna quelli ancora più vertiginosi della poesia. Perché quando i personaggi incominciano a dubitare, quindi a trasgredire e poi a desiderare (e l'introduzione della libido nel mondo asettico del telefilm è un altro dei momenti spassosi del film), in breve a vivere, il colore inizia progressivamente a sostituirsi al bianco e nero della pellicola.

Sappiamo di questi altri rischi: della facilità, della artificiosità di un procedimento (ormai reso evidente dall'uso della tecnica digitale) che scivola facilmente nel banale schematismo. Ma Ross è un delizioso, sensibile colorista; e le sue composizioni sono di una bellezza innegabile, mai gratuita o volgarmente ornamentale. Una genuina sensibilità registica riesce a significare questo suo talento: ed a far coincidere cosi, esattamente e poeticamente, una dimensione morale con le tinte sognanti di un universo favolistico.


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